Dio e addii.

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I saluti durano molto. Ci si accerta che l’interlocutore e la sua famiglia stiano bene. Si chiede come vanno il lavoro e la giornata. Dopo il saluto, all’ospite viene offerto un bicchiere d’acqua colmo fino all’orlo. Darlo mezzo pieno sarebbe una scortesia verso chi lo riceve e un disonore per chi lo offre. In fretta i bambini portano una sedia, una panca o almeno uno sgabello su cui sedersi, perché l’ospite possa riposarsi dopo il lungo tragitto. Una volta scolata l’acqua e riposato il sedere iniziano lunghe chiacchiere, cerimonie, confidenze, richieste di aiuto o una semplice vicinanza silenziosa. Se è fortunato, l’ospite riceve del tô (una sorta di polenta di miglio), se no semplicemente degli arachidi o dello zoomkoom (una bevanda a base di acqua e farina di miglio). Il silenzio non perturba il valore del tempo passato insieme, non crea inquietudine o imbarazzo.
Quando l’ospite deve andare via, chiede al capofamiglia “se c’è la strada”, ovvero se egli gli permette di andarsene. Di solito la risposta è scherzosa: viene concessa solo “metà strada”. Quando l’ospite varca la porta, l’oste dice “Wend na kees laafi” (che Dio ti faccia rientrare in salute); a ciò segue un “amen”.

Dio è una figura molto presente in West Africa. La parola “wend” (Dio in moré, la lingua parlata nel Plateau Mossi) compare nei nomi propri (Forza di Dio, Volontà di Dio, Con il volere di Dio, Dono di Dio, etc.) e nei nomi di molti locali. Ma soprattutto, è scritta su molti taxi brousse, furgoncini a circa 10 posti che percorrono quasi tutta l’Africa Occidentale. ‘Dio solo sa’, ‘Dio protegge’, ‘Nelle mani di Dio’, ‘Dio è il salvatore’, ‘Dio è grande’, ‘Dio vede e provvede’ sono solo alcune delle frasi che si leggono sui taxi brousse. A Dio vengono attribuite molte responsabilità. E’ un amico fidato, che si prende le colpe, ma spesso anche i meriti. Assolutamente vietato credere che non esista (e se così è meglio non dirlo ad alta voce). E’ una figura che aiuta a stare meglio, a togliersi un po’ di pesi e ad avere la forza di continuare. Artefice e fautore del destino, dà la possibilità di sperare, sempre e comunque.

Diletta parte, ma quando saluta le persone che hanno colorato il suo anno non le viene detto addio. Le viene detto: “Tornerai, sono sicuro che tornerai. Dieci mesi sono troppo pochi e sono certo che se lo vorrai qui ci sarà un posto per te. Hai visto? Ci sono tanti bianchi che sono restati. Venuti qui per starci un anno, alla fine sono rimasti tutta la vita. Se solo lo vorrai, sicuramente tornerai”.

Dio non compare in queste parole, ma mi sembra di scorgere la sua presenza nella positività senza condizioni, limiti e riserve, soprattutto quando mi viene detto “Wend na kod yindare” (che Dio ci dia un prossimo incontro). Meno male che c’è Dio a rendere tutto più facile, anche gli addii.

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